AGAPE 25 APRILE 2023

Agape 25 Aprile 2023 Evangelici Verona

         

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Abitiamo la città

La chiesa ieri e oggi: spunti da Nehemia 1-6

I libri Esdra-Nehemia originariamente erano un unico libro, diviso i due da Origene. Sostanzialmente narrano la ripopolazione della città e la riforma della vita spirituale dei Giudei. Noi ascolteremo dal libro di Nehemia le vicende narrate nei primi sei capitoli che ci parlano di un grandioso progetto per onorare Dio e godere le benedizioni di Dio.

 

Una passione: per Dio e per il suo popolo

Il libro inizia presentando Nehemia che si interessa della situazione di Gerusalemme e dei suoi abitanti (1,1-2). Questo uomo non è indifferente a come vivono i suoi fratelli in Giudea. Al contrario. Avendo realizzato che Gerusalemme era senza difese, sapeva che il tempio poteva essere facilmente distrutto. Questa situazione disonora il nome di Dio. Questo lo rattrista. Udita la condizione degli esuli ritornati a Gerusalemme piange (4), prega (4), confessa (6), ricorda (8), supplica (8-9), progetta (11). Innanzitutto, prega. Si tratta di una preghiera prolungata nel tempo (da Chisleu a Nisan), ovvero alcuni mesi. Questa è la modalità mediante cui cerca risposte, consolazione, discernimento, coraggio.

La sua preghiera chiarisce che era uno studente della Scrittura, in particolare della letteratura deuteronomistica. Infatti, egli richiama il patto (berit) in connessione con la fedeltà-bontà (hesed), ovvero dichiara che il Signore mantiene il suo patto e la sua fedeltà/amore con coloro che lo amano (1,8-9; cf. Dt 5,10; 7,9). Nehemia impara alcune cose. Prima di tutto, comprende che per discernere la volontà di Dio è necessario passare attraverso il processo confessione/pentimento, fede/obbedienza (5-10).

Secondariamente, Nehemia matura una comprensione della situazione dalla prospettiva di Dio. Realizza, appunto, che Israele non avrebbe avuto né significato né prospettive senza una relazione rinnovata con il Signore, il Dio del cielo, il Dio del patto (5b). Ora gli è chiaro che lui e i giudei si trovano in quella condizione di miseria per avere infranto il patto. Perciò, dopo avere confessato il peccato del popolo e suo personale, richiama i termini del patto e chiede al Signore di intervenire con grazia in favore del suo popolo (1,9-11).

Il risultato è sorprendente: può richiedere con altri (tuo servo…tuoi servi) che il Signore favorisca il suo popolo ad essere pienamente ricostituito (concedi successo…,11b). Quindi condivide un progetto: andare a Gerusalemme con un mandato del re per ricostruire la città e rendere funzionante il tempio. Infatti, comprendendo la storia dalla prospettiva di Dio (1,7), realizza che Israele potrà godere vere benedizioni solo se ritornerà a Dio e lo loderà nel luogo che Dio si è scelto nei termini stabiliti dalla legge. Il viaggio a Gerusalemme e la ricostruzione delle mura sono funzionali alla vera adorazione del Signore. Le mura stanno a simboleggiare il desiderio di tornare ad essere in comunione con Dio e mirano a rinsaldare l’orgoglio di un’appartenenza e di un’identità sancita nel patto con il Signore.

 

Una relazione: scelta e partecipata

Il progetto trova delle conferme da parte del Signore (2,6 e 8c). Ne consegue che può essere realizzato. Quindi, deve tradursi in azione concreta. Senza titubanza ed indugio. Nonostante le difficoltà, i pericoli, le opposizioni. D’altra parte, la ricostruzione delle mura per Nehemia è una tappa fondamentale per la ricostruzione di una relazione con Dio, prima, e per la ricostruzione di un’identità comunitaria, poi.

In effetti, per intrattenere una relazione con Dio nei termini stabiliti da Dio era necessario ristabilire il “sistema sacrificale” che consentiva ad Israele di essere giustificato dal proprio peccato. A tal proposito ricordiamo che una delle funzioni più importanti del tempio era quella di espiare i peccati mediante sacrifici. Nella festa annuale dell’espiazione (Lv 16) il sommo sacerdote entrava nella parte santissima del tempio per espiare il proprio peccato e quello del popolo. Senza tempio non c’era più questo privilegio e questo fatto era considerato una catastrofe. La relazione con Dio il santissimo era interrotta a causa del peccato del popolo. Pertanto, era necessario che il tempio e il sacerdozio fossero ristabiliti nella propria funzionalità ed ufficio; tutto ciò richiedeva che Gerusalemme fosse una città popolata, prosperosa e sicura. Da qui la necessità di ricostruire le mura. Da qui il progetto pianificato di Nehemia per la ricostruzione (2,17).

Il capitolo 3 descrive i lavori per la ricostruzione. Un’impresa poderosa con molte opposizioni. È importante notare che Nehemia inizia la lista dei partecipanti ai lavori con Eliasib il sommo sacerdote (3,1). Ovvero la persona più importante della città. In questo modo, l’autore rimarca che tutti parteciparono ai lavori e che c’era pieno accordo sul progetto, con qualche eccezione residuale (cf. 3,5 … il caso di alcuni Tecoiti). Del resto, il sommo sacerdote con gli altri sacerdoti ricostruirono mura e porte vicino al tempio.

Ad ogni modo, nella lista che segue occorre osservare con cura i connettivi di questo lungo elenco di capi, famiglie, raggruppamenti per funzioni e professioni, addirittura donne, tutti impegnati nei lavori. L’espressione “accanto” è utilizzata sino al v 12 e poi al v. 19, mentre l’espressione “dopo di lui” dal v 16 sino alla fine del capitolo. Questi due avverbi ritornano costantemente e sembrano utilizzati dall’autore come una sorte di filo da sutura che cuce i vari gruppi e le varie famiglie del popolo, come a richiudere i lembi delle ferite causate dalla deportazione.

La fotografia trasmessa dal testo ritrae singoli, famiglie, raggruppamenti per professione che lavorano in modo coordinato, all’unisono, senza tensioni e discussioni. Spesso lavorano secondo i loro mezzi e disponibilità. Il progetto che hanno davanti è grande e non consente alcuna distrazione. Perciò, tutti partecipano con convinzione, ciascuno facendo la parte che gli è stata assegnata o che gli compete in modo naturale (3,10), con la consapevolezza di partecipare ad un progetto collettivo ma unitario. Uno a fianco dell’altro; dove termina uno inizia l’altro.

Ma non tutto è così semplice. Le opposizioni ai lavori sono svariate: dalle resistenze (1,10,19), passando per le derisioni (4,1-3), giungendo alle minacce (4,7) con un’ampia gamma di sfumature. Ma il popolo ha scelto di portare avanti il progetto. Per questo il popolo prega (4,4,9), si organizza (4,9,13), persiste (4,21). Tutto questo nonostante le condizioni mutino, i rischi crescano, la stanchezza e la fatica aumentino.

 

Un obiettivo: consacrazione e testimonianza

Nehemia è pronto ad ascoltare (5,6) un lamento del popolo che denuncia l’esistenza di gravi ingiustizie ed iniquità (5,1-5). In effetti, mentre tutto il popolo si è organizzato e adoperato per realizzare un progetto che porterà benefici a tutta la comunità, alcuni soffrono la fame, altri la spoliazione dei propri beni, altri ancora la schiavitù dei propri figli. In una situazione già precaria, i giudei delle campagne avevano tralasciato le coltivazioni per partecipare alla costruzione delle mura; la mancanza di cibo e denaro li obbligava a prendere prestiti con interessi elevati per mangiare e per pagare le tasse del re. Ciò era inaccettabile dalla prospettiva di Dio. La legge impediva che gi israeliti prestassero denaro ad interesse ai propri fratelli e certo non prevedeva la schiavitù dei membri del proprio popolo in queste circostanze. Alla luce del progetto che stavano realizzando e considerando la rivelazione di Dio tutto ciò costituiva un ostacolo per la fruizione della benedizione divina (5,9b). Occorreva riformare l’economia, la produzione e la ridistribuzione di ricchezza (5,10-12). Si trattava di promuove giustizia ed equità, ma pure di dimostrare concretamente un vero timore per il Signore e la sua rivelazione. Il cap. 6 sottolinea che le mura furono ricostruite e le brecce chiuse (1). Gerusalemme ora era sicura. Il tempio era più sicuro. La relazione con Dio imperniata su fondamento dell’espiazione dei peccati del popolo era “assicurata”. Tuttavia, i lavori non erano ancora terminati.

Pertanto, i nemici agiscono per distrare il capo del progetto di ricostruzione, ovvero colui si è dimostrato un abile organizzatore, per rallentare o addirittura sospendere i lavori. Lo fanno mediante una proposta che non è immediatamente percepibile come una minaccia: il dialogo (2). Ripetutamente lo invitano a dialogare per accordarsi, probabilmente, sui nuovi assetti delle relazioni tra giudei, samaritani ed altri (4). Ma Nehemia rifiuta evidenziando che la sua priorità è terminare la ricostruzione.

L’invito al dialogo si trasforma: diviene insinuazione di ribellione (7a), prima, e minaccia, poi (7b). Nehemia, contando sull’appoggio del Signore (9b), rifiuta e denuncia la malafede dei suoi antagonisti. Segue il tentativo di disorientare Nehemia facendogli infrangere la legge. Infatti, per evitare di essere ucciso dai sicari viene invitato a rifugiarsi nel tempio (13). Nehemia comprende che è una trappola per fargli perdere credibilità presso il popolo e rifiuta di agire in modo contrario alla legge. Infine, ciò che pareva impossibile un po’ di tempo prima si realizza: i lavori di ricostruzione delle mura furono conclusi (15). La riuscita dell’impresa ha un’ampia risonanza dentro e fuori Gerusalemme (16). I nemici sperimentano un senso di umiliazione e di timore. Soprattutto riconoscono che il Signore ha guidato i lavori, il Signore è col suo popolo. Per i giudei è un’occasione per gioire lodando il Signore.

 

Conclusione

Da Nehemia impariamo una lezione: una relazione benedetta con Dio richiede il rispetto dei termini del patto. Dio, nella sua saggezza, aveva anticipato l’infedeltà d’Israele. La celebrazione dell’espiazione annuale del peccato svolta nel tempio risolveva la questione, ma richiedeva al popolo di vivere nella terra che il Signore aveva loro affidato nei termini stabiliti dalla legge. Perciò avevano bisogno di vivere adottando il modello ascolto/preghiera, pentimento/fede, ubbidienza/resistenza.

I cristiani, mutatis mutandis, devono adottare lo stesso modello. D’altra parte, necessitano di intrattenere una relazione intima e feconda con Gesù il Cristo, colui che ha espiato in modo definitivo il peccato del suo popolo. Consegue una partecipazione profonda alla vita e all’edificazione della sua chiesa. Certo, non giungiamo a dire con alcuni “extra ecclesia nulla salus”; tuttavia, sembra improbabile si possa sperimentare una benedizione piena senza parteciparvi. Le eccezioni non sconfessano la regola.

Il modello di costruzione dispiegato in Nehemia “uno accanto… dopo di lui…”, dovrebbe condizionarci e insegnarci che grandi progetti possono essere realizzati dal popolo di Dio con il sostegno di Dio. Perciò, oltre ad una relazione con Dio, occorre recuperare una dimensione comunitaria-relazionale ricca. Occorre alimentarla, occorre proteggerla. Dunque, per intrattenere una relazione intima con Dio e per gustare la sua benedizione in modo abbondante occorre partecipare in modo consapevole alla vita del suo popolo, ovvero al suo progetto di estensione del regno.

Per abitare la città come discepoli servono:

visione: generata dall’ascolto della Parola e dalla preghiera; strategia: sviluppata dallo studio della città e delle priorità;

resistenza: disponibilità a faticare senza cedere alle opposizioni; giustizia/equità: attenzione alle situazioni/condizioni dei partecipanti all’opera.

Ne deriva un modo di vivere che produce una testimonianza che onora il Signore, che esalta la sua potenza e la sua bellezza. Ritengo che dovremmo chiederci quali sono le “mura” che dovremmo costruire, ricostruire o rinforzare, a seconda dei casi. Propongo, in questo momento storico, di identificarle con: l’identità evangelico-riformata-battista per consolidare la chiesa, per contrastare gli idoli della nostra società e per offrire una testimonianza pubblica più efficace

Come? Attraverso un’assimilazione più profonda della nostra eredità/identità battista-riformata. Questo dovrebbe aiutarci a:

– resistere all’idea delle fede intima, individuale e virtuale

– resistere al vangelo della prosperità e della comodità

– resistere al dialogo cristiano non centrato sui 5 Sola Un’identità più nitida e solida favorirà un irrobustimento delle nostre comunità anche mediante relazioni più fitte e l’interscambio di ministeri. Adottando il modello “uno accanto… e dopo di lui…” in cui ciascuno ha il suo compito all’interno di un progetto di edificazione complessivo, potremmo intervenire laddove necessario per colmare le fragilità e consolidare le diverse chiese locali, ovvero la chiesa del Signore.

Le precarietà meritano di essere affrontate con urgenza, visione, strategia, sapendo di potere contare sul Signore. Potrebbe essere una modalità di relazionarci che testimonia la bontà del Signore. In fondo, si tratta di consacrarci a Dio manifestando visibilmente una nuova umanità che promuove la giustizia/equità e quindi una nuova cultura.

Preghiamo che il Signore susciti in noi il medesimo spirito di Nehemia e ci accompagni nell’abitare la città.

  • Date : Aprile 25, 2023
  • Time : 10:30 am - 4:30 pm (UTC+0)